Il restauro del sarcofago dello Scriba Reale Butehamon: restoring, understanding, telling the story

Il Museo Egizio di Torino in collaborazione con il Reparto Antichità Egizie dei Musei Vaticani ha progettato e curato la mostra fotografica sul restauro del sarcofago esterno di Butehamon, afferente alla collezione torinese.
La mostra è stata allestita sulla balconata della Sala I del Museo Egizio e inaugurata con la sua nuova apertura il 1 aprile 2015.

Il team dei Musei Vaticani del Vatican Coffin Project è stato coinvolto per il Restauro del sarcofago esterno dello Scriba Reale Butehamon.
Giovanna Prestipino ha restaurato il sarcofago all’interno del percorso del Museo Gregoriano Egizio, nella sala VI. Il lavoro è durato circa sei mesi.
Le analisi scientifiche sono state eseguite dal Laboratorio di Diagnostica per la Conservazione e il Restauro dei Musei Vaticani, diretto da Ulderico Santamaria e il suo assistente Fabio Morresti.
Il lavoro di restauro è stato eseguito sotto la direzione di Christian Greco, direttore dei Museo Egizio di Torino, e di Alessia Amenta, curatore del Reparto Antichità Egizie dei Musei Vaticani e direttore del Vatican Coffin Project.

La pubblicazione del restauro è in preparazione e sarà presentata nella serie catalogo del Museo Egizio di Torino.

Lo scriba reale Butehamon
Lo scriba reale Butehamon è una figura chiave fiorita a cavallo della fine del Nuovo Regno  (XX din. - Ramesse XI) e l'inizio del Terzo Periodo Intermedio (XXI din. - Smendes), quando la comunità degli artigiani delle tombe dei faraoni si è già trasferita dalla propria sede originaria, il villaggio di Deir el-Medina, al tempio di Medinet Habu.
Butehamon, figlio dello scriba Djehutymes e della moglie di questi, Baketamun, è il discendente di un’illustre famiglia di scribi e letterati che risale fino al celebre Amonnakht figlio di Ipuy, redattore di importanti documenti conservati nella collezione torinese, come il Papiro dello Sciopero e due inni regali.
Tra le fonti che delineano la vita personale e professionale di Butehamon hanno  grandissima importanza la corrispondenza con il padre Djehutymes, dalla quale ricaviamo anche alcune interessanti informazioni circa gli avvenimenti politici che caratterizzano gli ultimi anni del regno di Ramesse XI.
Numerosi graffiti con il nome di Butehamon evidenziano l’attività dello scriba nella necropoli regale come documenta anche, in particolare, l’annotazione sulla mummia di Ramesse III che attesta la presenza di Butehamon tra gli ufficiali incaricati dal gran sacerdote di Amon-Ra, Pinodjem I, di provvedere al ripristino della mummia e della sepoltura del faraone che infatti, insieme a molte altre, sono a quell’epoca restaurate e trasportate nella cosiddetta cachette di Deir el-Bahari (DB 320).
Butehamon sposa la cantatrice di Amon, Ikhtay, dalla quale ha una numerosa prole. Il nome della donna si è preservato grazie ad un’iscrizione proveniente dalla casa della coppia, situata nel recinto del tempio di Medinet Habu e ancora oggi visibile. Il dolore di Butehamon per la morte che coglie Akhtay è raccolto nella delicata lettera, oggi conservata su un ostrakon del Museo del Louvre, che egli scrive rivolgendosi al sarcofago della defunta, affinché questi si faccia tramite per comunicarle il suo affetto.

Il sarcofago 
Il sarcofago di Butehamon giunge a Torino nel 1824 con la collezione Drovetti e si presume possa essere stato rinvenuto nella tomba riutilizzata di un artigiano di Deir el-Medina di nome Nakhtmin (TT 291).
Il set dei sarcofagi è già quello caratteristico del Terzo Periodo Intermedio ed è composto, dunque, da un sarcofago esterno, un sarcofago interno, e un falso-coperchio. Della mummia purtroppo non si ha notizia, mentre è riconducibile al suo corredo un piccolo papiro-amuleto decorato, giunto anch’esso a Torino con la collezione Drovetti.

Alcuni elementi della decorazione del sarcofago esterno, come le striature della parrucca che si prolungano sull'alveo e il colore bianco del fondo, intervallato dal giallo contenuto all'interno delle colonne di testo, sono tratti ispirati ancora all'Epoca ramesside (1292-1069 a.C.), mentre il sempre maggior spazio dedicato alle immagini, a discapito dei testi che si limitano a semplici formule d'offerta o al nome e l’epiteto delle divinità rappresentate è una caratteristica del nuovo stile dei cosiddetti "sarcofagi gialli". Il repertorio iconografico si arricchisce, fondendo elementi ereditati dalla tradizione del Nuovo Regno, come scene funerarie e di offerta, processioni di divinità e testi funerari, con nuove elaborazioni teologiche che esaltano in particolare il legame fra il dio solare Ra (il principio vitale) e Osiride (il catalizzatore della rigenerazione) nel processo di rinascita del defunto.

La composizione iconografica del sarcofago esterno è molto interessante a tal riguardo. Su ciascun lato lungo della cassa si avvicendano una scena nella quale Butehamon reca un’offerta ad una divinità funeraria e una scena mitologica. Le scene di offerta sono dedicate al dio Ptah-Sokari-Osiride e ad una forma di Osiride significativamente ritratta con la testa di falco che caratterizza il dio solare Ra-Harakhty; quelle mitologiche annoverano la rappresentazione cosmogonica menfita in cui il dio dell’aria, Shu, separa i figli, la dea del cielo Nut e il dio della terra Geb, e la scena del  “grande serpente sopra la scala”, un’allegoria che si riferisce alla rinascita di Osiride dalla morte.

Il coperchio ha un programma decorativo molto ricco, con lo splendido ampio collare terminante con una ghirlanda di fiori di loto, un pettorale dominato dall’effigie dello scarabeo Khepri, il sole mattutino, e l’ampia e solenne figura alata di Nut sull’addome. La metà inferiore della superficie del coperchio è, invece, suddivisa in riquadri che propongono numerose scene di offerta, tra le quali merita speciale attenzione il faraone divinizzato Amenhotep I,  patrono di Deir el-Medina. Un ulteriore dettaglio mostra un bell’esempio dell’horror vacui che caratterizza lo stile dei “sarcofagi gialli”: anche lo spazio tra i bracciali degli arti superiori è, infatti, campito in modo da ospitare una teoria di piccoli geni accovacciati.

Le recenti analisi scientifiche eseguite in occasione del restauro hanno messo in luce che Butehamon, nonostante sia stato uno dei personaggi più in vista della sua epoca, ha utilizzato elementi di più sarcofagi antichi per assemblare il proprio sarcofago esterno. Quello del “riutilizzo” è un fenomeno ben attestato nel Terzo Periodo Intermedio, quando la crisi economica e socio-politica dell’Egitto mette in crisi anche l’approvvigionamento delle materie prime più pregiate, quale appunto il legno.