La Fontana della Galera nei Giardini Vaticani
La Fontana della Galera nei Giardini Vaticani

La Fontana della Galera nei Giardini Vaticani

Storia e restauro

Giovedì 21 novembre 2013, ore 16.00
Sala Conferenze, Musei Vaticani

Riprendono alle 16.00 del 21 novembre gli ormai consolidati appuntamenti con le conferenze de Il Giovedì dei Musei. Ad inaugurare il primo incontro della nuova stagione 2013-2014, la presentazione del volume "La Fontana della Galera nei Giardini Vaticani. Storia e restauro", a cura di Maria Antonietta De Angelis e Marta Bezzini per le Edizioni Musei Vaticani. L'analisi storica della "meravigliosa" fontana, così come quella del suo recente restauro, saranno ripercorse nell'affascinate racconto dei relatori: Sofia Varoli Piazza, Maria Antonietta De Angelis, Ulderico Santamaria e Flavia Callori di Vignale.

Segue un estratto dell'intervento di Maria Antonietta De Angelis, curatrice del volume e responsabile dell'Archivio Storico dei Musei Vaticani:

Freschi e vivi colori di "travertino", di "cortina", di trasparente "color d'aria" risplendono da pochi giorni sul prospetto settecentesco della Fontana della Galea o Galera (secondo la lezione linguistica in uso fino all'Ottocento), la barca a forma di nave da guerra armata di cannoni, vele al vento, che forma l'originale ornamento di una delle più antiche fontane del Vaticano. 

Ormai da troppi anni in condizioni di degrado sia nell'aspetto che nell'impianto idraulico, la Fontana della Galera ha beneficiato recentissimamente di un restauro tecnicamente molto accurato e filologicamente motivato, seguito con grande impegno e approccio interdisciplinare dai Musei Vaticani.

Da alcuni "conti" del primo Seicento, stilati da muratori e stagnari dei Sacri Palazzi, conservati presso l'Archivio di Stato di Roma, è emerso chiaramente che la fontana di Paolo V, conosciuta in seguito come "Fontana della Galera" in realtà fu un massiccio rifacimento - sul conto è chiamato "ristauramento" - avvenuto fra settembre e novembre del 1613 della peschiera di papa Giulio III, mentre il vascello è un'aggiunta successiva e all'inizio non era nemmeno previsto. L'intervento paolino non si può considerare un semplice restauro, bensì un intervento di molta maggior mole e impatto visivo; il "restauro" trasformò l'antica struttura di rocce in un organismo molto complesso. Formata da una serie digradante di "tartari" addossati alla parete del braccio orientale del Belvedere di Bramante, la roccaglia, tenuta insieme incredibilmente da fili di rame e chiodi, dava origine a destra e a sinistra a tre vasche, chiamate "tazze", per la caduta dell'acqua dalla sommità adorna da due cornucopi in stucco, dall'aquila Borghese in peperino e un'epigrafe dedicatoria in marmo, il tutto coronato dallo stemma pontificio sempre in marmo. In basso al centro, sotto la vasca maggiore, s'apriva una grande grotta contenente la scultura di un imprecisato dio fluviale. Sulla incisione di Domenico Parasacchi del 1637, entro due grotte minori in basso ai lati della fontana, si vedono anche i due draghi Borghese, che il conto di Dario e Fuccaro precisa essere in "peperino" e che furono eseguiti dallo scultore Carlo Fancelli.

Il progetto della "Galera", alla pari delle altre principali fontane di Paolo V, viene tradizionalmente attribuito a due dei suoi architetti, Martino Ferrabosco e Jan van Zanten (Giovanni Vasanzio), sebbene ciò non sia documentariamente provato. È sicuro infatti che il vascello risale solo al 1621 e che venne eseguito sotto la supervisione di due "soprastanti" alle fontane e ai giardini: il Ferrabosco e Cristoforo Raimoschi (o Raimuschi). Arriviamo alla fontana attuale realizzata quasi all'inizio del pontificato di Pio VI (Giovanni Angelo Braschi, 1775 – 1799), per la grave fatiscenza dell'antico complesso. Già il precedente prospetto della Galera non solo si opponeva dialetticamente al Nicchione del Belvedere edificato da Pirro Ligorio, ma creava una sorta di quinta scenica che, a causa del suo piano sopraelevato, era visibile dalla città da molto lontano. Tutti i nuovi lavori furono seguiti e probabilmente progettati - con l'approvazione degli architetti camerali Pietro Camporese il vecchio e Michelangelo Simonetti - dal Sotto Foriere, Salvatore Casali anch'egli architetto. I lavori complessivamente si svolsero fra l'aprile 1779 e il giugno 1781. La fontana venne radicalmente trasformata secondo un'ottica estetica più moderna. Il prospetto che fa da sfondo al vascello fu concepito come un'architettura classica, sobria ma elegante. 

Il prospetto è interamente in laterizio, stucco e travertino, le tre nicchie sono incorniciate con semplici paraste che conferiscono all'insieme un certo appiattimento geometrizzante, effetto accentuato dalla scelta del severo ordine dorico, che Vitruvio chiama lo "stile di forme maschili", per i capitelli e l'architrave. I lavori murari interessarono sia il nuovo prospetto vero e proprio, sia la vasca che da rettangolare divenne di forma ovoidale, sia una risistemazione della zona limitrofa comprendente la loggetta con colonnette e finestrone che corrisponde al Vestibolo Rotondo e il grande portale a cancellata che immette nel giardinetto della fontana; vennero anche rinnovate le spalliere di alberi da frutto chiamati alternativamente "cedri" o "aranci", un tipico dei Giardini Vaticani per riqualificare la zona.

I colori che vennero scelti per il prospetto rispecchiano il tipico gusto tardo Settecento per gli esterni e sono stati oggi riproposti con squisita sensibilità e rigore filologico al dettato dei documenti. 

La scena mitologica che trova posto nella nicchia centrale è desunta da un racconto secondario del mito della Caduta di Fetonte: la metamorfosi delle tre sorelle di Fetonte, le Eliadi, in alberi di pioppo, e del suo amico Cicno in un cigno dalla voce melodiosa. Disperati per la morte di Fetonte, le Eliadi e Cicno chiedono agli dei di partecipare in eterno alla sua sorte, vicino al fiume in cui è caduto, il Po. Il racconto è tratto dal II libro delle "Metamorfosi" di Ovidio. Lo scultore Gaspare Sibilla († maggio 1782) - attivo in questa veste e come restauratore anche nel Pio Clementino - realizzò tutto il fondo in stucco a basso e altorilievo e il fiume Po in scultura di marmo a tuttotondo.

Anche la grande barca ospitata nella vasca venne completamente rifatta – ed è quella che vediamo tuttora animata da pittoreschi getti d'acqua - dallo stagnaro Carlo Giuseppe Bassetti fra il 22 maggio 1780 e il 31 maggio 1781, sullo schema della precedente. 

La Galera era stata, alla pari di tante creazioni barocche, anch'essa concepita nell'estetica della "meraviglia" nelle fontane, animandosi di suoni grazie a congegni meccanici messi in funzione dall'acqua e completava con le sue sonorità artificiali la coreografia dell'artificio dell'acqua e della candide sculture sullo sfondo. Alla "galera" dei Giardini Vaticani il cardinale e poeta Maffeo Barberini dedicò il notissimo distico, pubblicato nella sua raccolta poetica del 1644 sotto il titolo "De fonte Pontificio navis effigem habente: Bellica pontificum non fundit machina flammas, sed dulcem belli qua perit ignis aquam" (La macchina da guerra dei pontefici non getta fiamme, ma dolce acqua con cui finisce il fuoco della guerra).