Primo racconto della creazione (Genesi 1, 1-5)
In principio Dio creò il cielo e la terra. Ora la terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l'abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque. Dio disse: "Sia la luce!". E la luce fu. Dio vide che la luce era cosa buona e separò la luce dalle tenebre e chiamò la luce giorno e le tenebre notte. E fu sera e fu mattina: primo giorno.

 

Primo racconto della creazione (Genesi 1, 9-10)
Dio disse: "Le acque che sono sotto il cielo, si raccolgano in un solo luogo e appaia l'asciutto". E così avvenne. Dio chiamò l'asciutto terra, e la massa delle acque mare. E Dio vide che era cosa buona.

 

Primo racconto della creazione (Genesi 1, 11-19)
E Dio disse: "La terra produca germogli, erbe che producono seme e alberi da frutto, che facciano sulla terra frutto con il seme, ciascuno secondo la sua specie". E cosi avvenne: la terra produsse germogli, erbe che producono seme, ciascuna secondo la propria specie e alberi che fanno ciascuno frutto con il seme, secondo la propria specie. Dio vide che era cosa buona. E fu sera e fu mattina: terzo giorno.
Dio disse: "Ci siano luci nel firmamento del cielo, per distinguere il giorno dalla notte; servano da segni per le stagioni, per i giorni e per gli anni e servano da luci nel firmamento del cielo per illuminare la terra". E così avvenne: Dio fece le due luci grandi, la luce maggiore per regolare il giorno e la luce minore per regolare la notte, e le stelle. Dio le pose nel firmamento del cielo per illuminare la terra e per regolare giorno e notte e per separare la luce dalle tenebre. E Dio vide che era cosa buona. E fu sera e fu mattina: quarto giorno.

 

Primo racconto della creazione (Genesi 1, 26-27)
E Dio disse: "Facciamo l'uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra". Dio creò l'uomo a sua immagine; / a immagine di Dio lo creò;/ maschio e femmina li creò.

 

La prova della libertà. Il paradiso (Genesi 2, 18-25)
Poi il Signore Dio disse: "Non è bene che l'uomo sia solo: gli voglio fare un aiuto che gli sia simile". Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di bestie selvatiche e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all'uomo, per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l'uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome. Così l'uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutte le bestie selvatiche, ma l'uomo non trovò un aiuto che gli fosse simile. Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull'uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e rinchiuse la carne al suo posto. Il Signore Dio plasmò con la costola, che aveva tolta all'uomo, una donna e la condusse all'uomo. Allora l'uomo disse: "Questa volta essa/ è carne dalla mia carne/e osso dalle mie ossa./ La si chiamerà donna/ perché dall'uomo è stata tolta". Per questo l'uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne. Ora tutti e due erano nudi, l'uomo e sua moglie, ma non ne provavano vergogna.

 

La caduta (Genesi 3, 1-13)
Il serpente era la più astuta di tutte le bestie selvatiche fatte dal Signore Dio. Egli disse alla donna: "E' vero che Dio ha detto: Non dovete mangiare di nessun albero del giardino?". Rispose la donna al serpente: "Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, ma del frutto dell'albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: Non ne dovete mangiare e non lo dovete toccare, altrimenti morirete". Ma il serpente disse alla donna: "Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che quando voi ne mangiaste, si aprirebbero i vostri occhi e diventereste come Dio, conoscendo il bene e il male". Allora la donna vide che l'albero era buono da mangiare, gradito agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch'egli ne mangiò. Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e si accorsero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture. Poi udirono il Signore Dio che passeggiava nel giardino alla brezza del giorno e l'uomo con sua moglie si nascosero dal Signore Dio, in mezzo agli alberi del giardino. Ma il Signore Dio chiamò l'uomo e gli disse: "Dove sei?". Rispose: "Ho udito il tuo passo nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto". Riprese: "Chi ti ha fatto sapere che eri nudo? Hai forse mangiato dell'albero di cui ti avevo comandato di non mangiare?". Rispose l'uomo: "La donna che tu mi hai posta accanto mi ha dato dell'albero e io ne ho mangiato". Il Signore Dio disse alla donna: "Che hai fatto?". Rispose la donna: "Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato".

 

La caduta (Genesi 3, 22-24)
Il Signore Dio disse allora: "Ecco l'uomo è diventato come uno di noi, per la conoscenza del bene e del male. Ora, egli non stenda più la mano e non prenda anche dell'albero della vita, ne mangi e viva sempre!". Il Signore Dio lo scacciò dal giardino di Eden, perché lavorasse il suolo da dove era stato tratto. Scacciò l'uomo e pose ad oriente del giardino di Eden i cherubini e la fiamma della spada folgorante, per custodire la via all'albero della vita.

 

Genesi 6,5 - 8,20

 

La corruzione dell'umanità (Genesi 6, 5 -12)
Il Signore vide che la malvagità degli uomini era grande sulla terra e che ogni disegno concepito dal loro cuore non era altro che male. E il Signore si pentì di aver fatto l'uomo sulla terra e se ne addolorò in cuor suo. Il Signore disse: "Sterminerò dalla terra l'uomo che ho creato: con l'uomo anche il bestiame e i rettili e gli uccelli del cielo, perché sono pentito d'averli fatti". Ma Noè trovò grazia agli occhi del Signore. Questa è la storia di Noè. Noè era uomo giusto e integro tra i suoi contemporanei e camminava con Dio. Noè generò tre figli: Sem, Cam e lafet. Ma la terra era corrotta davanti a Dio e piena di violenza. Dio guardò la terra ed ecco essa era corrotta, perché ogni uomo aveva pervertito la sua condotta sulla terra.

 

Preparativi del diluvio (Genesi 6, 13 -22)
Allora Dio disse a Noè: "E' venuta per me la fine di ogni uomo, perché la terra, per causa loro, è piena di violenza; ecco, io li distruggerò insieme con la terra. Fatti un'arca di legno di cipresso; dividerai l'arca in scompartimenti e la spalmerai di bitume dentro e fuori. Ecco come devi farla: l'arca avrà trecento cubiti di lunghezza, cinquanta di larghezza e trenta di altezza. Farai nell'arca un tetto e a un cubito più sopra la terminerai; da un lato metterai la porta dell'arca. La farai a piani: inferiore, medio e superiore.
Ecco io manderò il diluvio, cioè le acque, sulla terra, per distruggere sotto il cielo ogni carne, in cui è alito di vita; quanto è sulla terra perirà. Ma con te io stabilisco la mia alleanza. Entrerai nell'arca tu e con te i tuoi figli, tua moglie e le mogli dei tuoi figli. Di quanto vive, di ogni carne, introdurrai nell'arca due di ogni specie, per conservarli in vita con te: siano maschio e femmina. Degli uccelli secondo la loro specie, del bestiame secondo la propria specie e di tutti i rettili della terra secondo la loro specie, due d'ognuna verranno con te, per essere conservati in vita. Quanto a te, prenditi ogni sorta di cibo da mangiare e raccoglilo presso di te: sarà di nutrimento per te e per loro". Noè eseguì tutto; come Dio gli aveva comandato, così egli fece.

 

Preparativi del diluvio (Genesi 7, 1-9)
Il Signore disse a Noè: "Entra nell'arca tu con tutta la tua famiglia, perché ti ho visto giusto dinanzi a me in questa generazione. D'ogni animale mondo prendine con te sette paia, il maschio e la sua femmina; degli animali che non sono mondi un paio, il maschio e la sua femmina. Anche degli uccelli mondi del cielo, sette paia, maschio e femmina, per conservarne in vita la razza su tutta la terra . Perché tra sette giorni farò piovere sulla terra per quaranta giorni e quaranta notti; sterminerò dalla terra ogni essere che ho fatto". Noè fece quanto il Signore gli aveva comandato. Noè aveva seicento anni, quando venne il diluvio, cioè le acque sulla terra. Noè entrò nell'arca e con lui i suoi figli, sua moglie e le mogli dei suoi figli, per sottrarsi alle acque del diluvio. Degli animali mondi, e di quelli immondi, degli uccelli e di tutti gli esseri che strisciano sul suolo entrarono a due a due con Noè nell'arca, maschio e femmina, come Dio aveva comandato a Noè.

 

L'inondazione (Genesi 7, 17-24)
Il diluvio durò sulla terra quaranta giorni: le acque crebbero e sollevarono l'arca che si innalzò sulla terra. Le acque divennero poderose e crebbero molto sopra la terra e l'arca galleggiava sulle acque. Le acque si innalzarono sempre di più sopra la terra e coprirono tutti i monti più alti che sono sotto tutto il cielo. Le acque superarono in altezza di quindici cubiti i monti che avevano ricoperto. Perì ogni essere vivente che si muove sulla terra, uccelli, bestiame e fiere e tutti gli esseri che brulicano sulla terra e tutti gli uomini. Ogni essere che ha un alito di vita nelle narici, cioè quanto era sulla terra asciutta morì. Così fu sterminato ogni essere che era sulla terra: con gli uomini, gli animali domestici, i rettili e gli uccelli del cielo: essi furono sterminati dalla terra e rimase solo Noè e chi stava con lui nell'arca. Le acque restarono alte sopra la terra centocinquanta giorni.

 

L'abbassamento delle acque (Genesi 8, 1-14)
Dio si ricordò di Noè, di tutte le fiere e di tutti gli animali domestici che erano con lui nell'arca. Dio fece passare un vento sulla terra e le acque si abbassarono. Le fonti dell'abisso e le cateratte del cielo furono chiuse e fu trattenuta la pioggia dal cielo; le acque andarono via via ritirandosi dalla terra e calarono dopo centocinquanta giorni. Nel settimo mese, il diciassette del mese, l'arca si posò sui monti dell'Ararat. Le acque andarono via via diminuendo fino al decimo mese. Nel decimo mese, il primo giorno del mese, apparvero le cime dei monti. Trascorsi quaranta giorni, Noè aprì la finestra che aveva fatta nell'arca e fece uscire un corvo per vedere se le acque si fossero ritirate. Esso uscì andando e tornando finché si prosciugarono le acque sulla terra. Noè poi fece uscire una colomba, per vedere se le acque si fossero ritirate dal suolo; ma la colomba, non trovando dove posare la pianta del piede, tornò a lui nell'arca, perché c'era ancora l'acqua su tutta la terra. Egli stese la mano, la prese e la fece rientrare presso di sé nell'arca. Attese altri sette giorni e di nuovo fece uscire la colomba dall'arca e la colomba tornò a lui sul far della sera; ecco, essa aveva nel becco un ramoscello di ulivo. Noè comprese che le acque si erano ritirate dalla terra. Aspettò altri sette giorni, poi lasciò andare la colomba; essa non tornò più da lui. L'anno seicentouno della vita di Noè, il primo mese, il primo giorno del mese, le acque si erano prosciugate sulla terra; Noè tolse la copertura dell'arca ed ecco la superficie del suolo era asciutta. Nel secondo mese, il ventisette del mese; tutta la terra fu asciutta.

 

L'uscita dall'arca (Genesi 8, 15-20)

Dio ordinò a Noè: "Esci dall'arca tu e tua moglie, i tuoi figli e le mogli dei tuoi figli con te. Tutti gli animali d'ogni specie che hai con te, uccelli, bestiame e tutti i rettili che strisciano sulla terra, falli uscire con te, perché possano diffondersi sulla terra, siano fecondi e si moltiplichino su di essa". Noè uscì con i figli, la moglie e le mogli dei figli. Tutti i viventi e tutto il bestiame e tutti gli uccelli e tutti i rettili che strisciano sulla terra, secondo la loro specie, uscirono dall'arca. Allora Noè edificò un altare al Signore; prese ogni sorta di animali mondi e di uccelli mondi e offrì olocausti sull'altare.

 

Noè e i suoi figli (Genesi 9, 20-27)
Ora Noè, coltivatore della terra, cominciò a piantare una vigna. Avendo bevuto il vino, si ubriacò e giacque scoperto all'interno della sua tenda. Cam, padre di Canaan, vide il padre scoperto e raccontò la cosa ai due fratelli che stavano fuori. Allora Sem e lafet presero il mantello, se lo misero tutti e due sulle spalle e, camminando a ritroso, coprirono il padre scoperto; avendo rivolto la faccia indietro, non videro il padre scoperto. Quando Noè si fu risvegliato dall'ebbrezza, seppe quanto gli aveva fatto il figlio minore; allora disse:/ "Sia maledetto Canaan!/ Schiavo degli schiavi/ sarà per i suoi fratelli!"./ Disse poi:/ "Benedetto il Signore, Dio di Sem,/ Canaan sia suo schiavo!/ Dio dilati lafet/ e questi dimori nelle tende di Sem,/ Canaan sia suo schiavo!".

 

Il sacrificio di Isacco (Genesi 22, 1-19)

Dopo queste cose, Dio mise alla prova Abramo e gli disse: "Abramo, Abramo!". Rispose: "Eccomi!". Riprese: "Prendi tuo figlio, il tuo unico figlio che ami, Isacco, va' nel territorio di Moria e offrilo in olocausto su di un monte che io ti indicherò". Abramo si alzò di buon mattino, sellò l'asino, prese con sé due servi e il figlio Isacco, spaccò la legna per l'olocausto e si mise in viaggio verso il luogo che Dio gli aveva indicato. Il terzo giorno Abramo alzò gli occhi e da lontano vide quel luogo. Allora Abramo disse ai suoi servi: "Fermatevi qui con l'asino; io e il ragazzo andremo fin lassù, ci prostreremo e poi ritorneremo da voi". Abramo prese la legna dell'olocausto e la caricò sul figlio Isacco, prese in mano il fuoco e il coltello, poi proseguirono tutt'e due insieme. Isacco si rivolse al padre Abramo e disse: "Padre mio!". Rispose: "Eccomi, figlio mio". Riprese: "Ecco qui il fuoco e la legna, ma dov'è l'agnello per l'olocausto?". Abramo rispose: "Dio stesso provvederà l'agnello per l'olocausto, figlio mio!". Proseguirono tutt'e due insieme; così arrivarono al luogo che Dio gli aveva indicato; qui Abramo costruì l'altare, collocò la legna, legò il figlio Isacco e lo depose sull'altare, sopra la legna. Poi Abramo stese la mano e prese il coltello per immolare suo figlio. Ma l'angelo del Signore lo chiamò dal cielo e gli disse: "Abramo, Abramo!". Rispose: "Eccomi!". L'angelo disse: "Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli alcun male! Ora so che tu temi Dio e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unico figlio". Allora Abramo alzò gli occhi e vide un ariete impigliato con le coma in un cespuglio. Abramo andò a prendere l'ariete e lo offrì in olocausto invece del figlio. Abramo chiamò quel luogo: "Il Signore provvede", perciò oggi si dice: "Sul monte il Signore provvede". "Poi l'angelo del Signore chiamò dal cielo Abramo per la seconda volta e disse: "Giuro per me stesso, oracolo del Signore: perché tu hai fatto questo e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unico figlio, io ti benedirò con ogni benedizione e renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare; la tua discendenza si impadronirà delle città dei nemici. Saranno benedette per la tua discendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai obbedito alla mia voce". Poi Abramo tornò dai suoi servi; insieme si misero in cammino verso Bersabea e Abramo abitò a Bersabea.

 

Il sogno di Giacobbe (Genesi 28, 10-22)

Giacobbe partì da Bersabea e si diresse verso Carran. Capitò così in un luogo, dove passò la notte, perché il sole era tramontato; prese una pietra, se la pose come guanciale e si coricò in quel luogo. Fece un sogno: una scala poggiava sulla terra, mentre la sua cima raggiungeva il cielo; ed ecco gli angeli di Dio salivano e scendevano su di essa. Ecco il Signore gli stava davanti e disse: "lo sono il Signore, il Dio di Abramo tuo padre e il Dio di Isacco. La terra sulla quale tu sei coricato la darò a te e alla tua discendenza. La tua discendenza sarà come la polvere della terra e ti estenderai a occidente e ad oriente, a settentrione e a mezzogiorno. E saranno benedette per te e per la tua discendenza tutte le nazioni della terra. Ecco io sono con te e ti proteggerò dovunque tu andrai; poi ti farò ritornare in questo paese, perché non ti abbandonerò senza aver fatto tutto quello che t'ho detto". Allora Giacobbe si svegliò dal sonno e disse: "Certo, il Signore è in questo luogo e io non lo sapevo". Ebbe timore e disse: "Quanto è terribile questo luogo! Questa è proprio la casa di Dio, questa è la porta dei cielo". Alla mattina presto Giacobbe si alzò, prese la pietra che si era posta come guanciale, la eresse come una stele e versò olio sulla sua sommità. E chiamò quel luogo Betel, mentre prima di allora la città si chiamava Luz. Giacobbe fece questo voto: "Se Dio sarà con me e mi proteggerà in questo viaggio che sto facendo e mi darà pane da mangiare e vesti per coprirmi, se ritornerò sano e salvo alla casa di mio padre, il Signore sarà il mio Dio. Questa pietra, che io ho eretta come stele, sarà una casa di Dio; di quanto mi darai io ti offrirò la decima".

 

Fuga di Mosè in Madian (Esodo 2, 11-15)

In quei giorni Mosè, cresciuto in età, si recò dai suoi fratelli e notò i lavori pesanti da cui erano oppressi. Vide un Egiziano che colpiva un Ebreo, uno dei suoi fratelli. Voltatosi attorno e visto che non c'era nessuno, colpì a morte l'Egiziano e lo seppellì nella sabbia. Il giorno dopo, usci di nuovo e, vedendo due Ebrei che stavano rissando, disse a quello che aveva torto: "Perché percuoti il tuo fratello?". Quegli rispose: "Chi ti ha costituito capo e giudice su di noi? Pensi forse di uccidermi, come hai ucciso l'Egiziano?". Allora Mosè ebbe paura e pensò: "Certamente la cosa si è risaputa". Il faraone sentì parlare di questo fatto e cercò di mettere a morte Mosè. Allora Mosè si allontanò dal faraone e si stabilì nel paese di Madian e sedette presso un pozzo.

 

Fuga di Mosè in Madian (Esodo 2, 16-21)

Ora il sacerdote di Madian aveva sette figlie. Esse vennero ad attingere acqua per riempire gli abbeveratoi e far bere il gregge del padre. Ma arrivarono alcuni pastori e le scacciarono. Allora Mosè si levò a difenderle e fece bere il loro bestiame. Tornate dal loro padre Reuel, questi disse loro: "Perché oggi avete fatto ritorno così in fretta?". Risposero: "Un Egiziano ci ha liberate dalle mani dei pastori; è stato lui che ha attinto per noi e ha dato da bere al gregge". Quegli disse alle figlie: "Dov'è? Perché avete lasciato là quell'uomo? Chiamatelo a mangiare il nostro cibo!". Così Mosè accettò di abitare con quell'uomo, che gli diede in moglie la propria figlia Zippora.

 

Il roveto ardente (Esodo 3, 1-12)

Ora Mosè stava pascolando il gregge di Ietro, suo suocero, sacerdote di Madian, e condusse il bestiame oltre il deserto e arrivò al monte di Dio, l'Oreb. L'angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco, in mezzo a un roveto. Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva nel fuoco ma quel roveto non si consumava. Mosè pensò: "Voglio avvicinarmi a vedere questo grande spettacolo: perché il roveto non brucia?". Il Signore vide che si era avvicinato per vedere e Dio lo chiamò dal roveto e disse. "Mosè, Mosè!". Rispose: "Eccomi!". Riprese: "Non avvicinarti! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è una terra santa!". E disse: "Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe". Mosè allora si velò il viso, perché aveva paura di guardare verso Dio. Il Signore disse : "Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sorveglianti; conosco infatti le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dalla mano dell'Egitto e per farlo uscire verso un paese bello e spazioso, verso un paese dove scorre latte e miele, verso il luogo dove si trovano il Cananeo, l'Hittita, l'Amorreo, il Perizzita, l'Eveo, il Gebuseo. Ora dunque il grido degli Israeliti è arrivato fino a me e io stesso ho visto l'oppressione con cui gli Egiziani li tormentano. Ora va'! Io ti mando dal faraone. Fa' uscire dall'Egitto il mio popolo, gli Israeliti!". Mosè disse a Dio: "Chi sono io per andare dal faraone e per far uscire dall'Egitto gli Israeliti?". Rispose: "Io sarò con te! Eccoti il segno che io ti ho mandato: quando tu avrai fatto uscire il popolo dall'Egitto, servirete Dio su questo monte".

 

Ritorno di Mosè in Egitto. Partenza da Madian (Esodo 4, 18-20)

Mosè partì, tornò da Ietro suo suocero e gli disse: "Lascia che io parta e torni dai miei fratelli che sono in Egitto, per vedere se sono ancora vivi!". Ietro disse a Mosè: "Va' pure in pace!". Il Signore disse a Mosè in Madian: "Va', torna in Egitto, perché sono morti quanti insidiavano la tua vita!". Mosè prese la moglie e i figli, li fece salire sull'asino e tornò nel paese di Egitto.

 

Circoncisione del figlio di Mosè (Esodo 4, 24-26)

Mentre si trovava in viaggio, nel luogo dove pernottava, il Signore gli venne contro e cercò di farlo morire. Allora Zippora prese una selce tagliente, recise il prepuzio del figlio e con quello gli toccò i piedi e disse: "Tu sei per me uno sposo di sangue". Allora si ritirò da lui. Essa aveva detto sposo di sangue a causa della circoncisione.

 

Gli egiziani inseguono Israele (Esodo 14, 5-14)
Quando fu riferito al re d'Egitto che il popolo era fuggito, il cuore del faraone e dei suoi ministri si rivolse contro il popolo. Dissero: "Che abbiamo fatto, lasciando partire Israele, così che più non ci serva!". Attaccò allora il cocchio e prese con sé i suoi soldati. Prese poi seicento carri scelti e tutti i carri di Egitto con i combattenti sopra ciascuno di essi. Il Signore rese ostinato il cuore del faraone, re di Egitto, il quale inseguì gli Israeliti mentre gli Israeliti uscivano a mano alzata. Gli Egiziani li inseguirono e li raggiunsero, mentre essi stavano accampati presso il mare: tutti i cavalli e i carri del faraone, i suoi cavalieri e il suo esercito si trovarono presso Pi-Achirot, davanti a Baal-Zefon. Quando il faraone fu vicino, gli Israeliti alzarono gli occhi: ecco, gli Egiziani muovevano il campo dietro di loro! Allora gli Israeliti ebbero grande paura e gridarono al Signore. Poi dissero a Mosè: "Forse perché non c'erano sepolcri in Egitto ci hai portati a morire nel deserto? Che hai fatto, portandoci fuori dall'Egitto? Non ti dicevamo in Egitto: Lasciaci stare e serviremo gli Egiziani, perché è meglio per noi servire l'Egitto che morire nel deserto?". Mosè rispose: "Non abbiate paura! Siate forti e vedrete la salvezza che il Signore oggi opera per voi; perché gli Egiziani che voi oggi vedete, non li rivedrete mai più! Il Signore combatterà per voi, e voi starete tranquilli".

 

Miracolo del mare (Esodo 14, 15- 31)
Il Signore disse a Mosè: "Perché gridi verso di me? Ordina agli Israeliti di riprendere il cammino. Tu intanto alza il bastone, stendi la mano sul mare e dividilo, perché gli Israeliti entrino nel mare all'asciutto. Ecco io rendo ostinato il cuore degli Egiziani, cosi che entrino dietro di loro e io dimostri la mia gloria sul faraone e tutto il suo esercito, sui suoi carri e sui suoi cavalieri. "Gli Egiziani sapranno che io sono il Signore, quando dimostrerò la mia gloria contro il faraone, i suoi carri e i suoi cavalieri".
L'angelo di Dio, che precedeva l'accampamento d'Israele, cambiò posto e passò indietro. Anche la colonna di nube si mosse e dal davanti passò indietro. Venne cosi a trovarsi tra l'accampamento degli Egiziani e quello d'Israele. Ora la nube era tenebrosa per gli uni, mentre per gli altri illuminava la notte; così gli uni non poterono avvicinarsi agli altri durante tutta la notte. Allora Mosè stese la mano sul mare. E il Signore durante tutta la notte, risospinse il mare con un forte vento d'oriente, rendendolo asciutto; le acque si divisero. Gli Israeliti entrarono nel mare sull'asciutto, mentre le acque erano per loro una muraglia a destra e a sinistra. Gli Egiziani li inseguirono con tutti i cavalli del faraone, i suoi carri e i suoi cavalieri, entrando dietro di loro in mezzo al mare. Ma alla veglia del mattino il Signore dalla colonna di fuoco e di nube gettò uno sguardo sul campo degli Egiziani e lo mise in rotta. Frenò le ruote dei loro carri, così che a stento riuscivano a spingerle. Allora gli Egiziani dissero: "Fuggiamo di fronte a Israele, perché il Signore combatte per loro contro gli Egiziani!". Il Signore disse a Mosè: "Stendi la mano sul mare: le acque si riversino sugli Egiziani, sui loro carri e i loro cavalieri". Mosè stese la mano sul mare e il mare, sul far del mattino, tornò al suo livello consueto, mentre gli Egiziani, fuggendo, gli si dirigevano contro. Il Signore li travolse così in mezzo al mare. Le acque ritornarono e sommersero i carri e i cavalieri di tutto l'esercito del faraone, che erano entrati nel mare dietro a Israele: non ne scampò neppure uno. Invece gli Israeliti avevano camminato sull'asciutto in mezzo al mare, mentre le acque erano per loro una muraglia a destra e a sinistra. In quel giorno il Signore salvò Israele dalla mano degli Egiziani e Israele vide gli Egiziani morti sulla riva del mare; Israele vide la mano potente con la quale il Signore aveva agito contro l'Egitto e il popolo temette il Signore e credette in lui e nel suo servo Mosè.

 

Mosè sul mare (Esodo 24, 12-17)
Il Signore disse a Mosè: "Sali verso di me sul monte e rimani lassù: io ti darò le tavole di pietra, la legge e i comandamenti che io ho scritto per istruirli." Mosè si alzò con Giosuè, suo aiutante, e Mosè salì sul monte di Dio. Agli Anziani aveva detto: "Restate qui ad aspettarci, fin quando torneremo da voi; ecco avete con voi Aronne e Cur: chiunque avrà una questione si rivolgerà a loro". Mosè salì dunque sul monte e la nube coprì il monte. La Gloria del Signore venne a dimorare sul monte Sinai e la nube lo coprì per sei giorni. Al settimo giorno il Signore chiamò Mosè dalla nube. La Gloria del Signore appariva agli occhi degli Israeliti come fuoco divorante sulla cima della montagna.

 

Consegna a Mosè delle tavole della legge (Esodo 31, 18)
Quando il Signore ebbe finito di parlare con Mosè sul monte Sinai, gli diede le due tavole della Testimonianza, tavole di pietra, scritte dal dito di Dio.

 

Il vitello d'oro (Esodo 32, 1-20)
Il popolo, vedendo che Mosè tardava a scendere dalla montagna, si affollò intorno ad Aronne e gli disse: " Facci un dio che cammini alla nostra testa, perché a quel Mosè, l'uomo che ci ha fatti uscire dal paese d'Egitto, non sappiamo che cosa sia accaduto". Aronne rispose loro: "Togliete i pendenti d'oro che hanno agli orecchi le vostre mogli e le vostre figlie e portateli a me". Tutto il popolo tolse i pendenti che ciascuno aveva agli orecchi e li portò ad Aronne. Egli li ricevette dalle loro mani e li fece fondere in una forma e ne ottenne un vitello di metallo fuso. Allora dissero: "Ecco il tuo Dio, o Israele, colui che ti ha fatto uscire dal paese d'Egitto!". Ciò vedendo, Aronne costruì un altare davanti al vitello e proclamò: "Domani sarà festa in onore del Signore". Il giorno dopo si alzarono presto, offrirono olocausti e presentarono sacrifici di comunione. Il popolo sedette per mangiare e bere, poi si alzò per darsi al divertimento. Allora il Signore disse a Mosè: "Va', scendi, perché il tuo popolo, che tu hai fatto uscire dal paese d'Egitto, si è pervertito. Non hanno tardato ad allontanarsi dalla via che io avevo loro indicata! Si son fatti un vitello di metallo fuso, poi gli si sono prostrati dinanzi, gli hanno offerto sacrifici e hanno detto: Ecco il tuo Dio, Israele; colui che ti ha fatto uscire dal paese d'Egitto". Il Signore disse inoltre a Mosè: "Ho osservato questo popolo e ho visto che è un popolo dalla dura cervice. Ora lascia che la mia ira si accenda contro di loro e li distrugga. Di te invece farò una grande nazione". Mosè allora supplicò il Signore, suo Dio, e disse: "Perché, Signore, divamperà la tua ira contro il tuo popolo, che tu hai fatto uscire dal paese d'Egitto con grande forza e con mano potente? Perché dovranno dire gli Egiziani: Con malizia li ha fatti uscire, per farli perire tra le montagne e farli sparire dalla terra? Desisti dall'ardore della tua ira e abbandona il proposito di fare del male al tuo popolo. Ricordati di Abramo, di Isacco, di Israele, tuoi servi, ai quali hai giurato per te stesso e hai detto: Renderò la vostra posterità numerosa come le stelle del cielo e tutto questo paese, di cui ho parlato, lo darò ai tuoi discendenti, che lo possederanno per sempre". Il Signore abbandonò il proposito di nuocere al suo popolo. Mosè ritornò e scese dalla montagna con in mano le due tavole della Testimonianza, tavole scritte sui due lati, da una parte e dall'altra. Le tavole erano opera di Dio, la scrittura era scrittura di Dio, scolpita sulle tavole. Giosuè sentì il rumore del popolo che urlava e disse a Mosè: "C'è rumore di battaglia nell'accampamento". Ma rispose Mosè: "Non è il grido di chi canta: Vittoria! / Non è il grido di chi canta: Disfatta! / Il grido di chi canta a due cori io sento". Quando si fu avvicinato all'accampamento, vide il vitello e le danze. Allora si accese l'ira di Mosè: egli scagliò dalle mani le tavole e le spezzò ai piedi della montagna. Poi afferrò il vitello, che quelli avevano fatto, lo bruciò nel fuoco, lo frantumò fino a ridurlo in polvere, ne sparse la polvere nell'acqua e la fece trangugiare agli Israeliti.

 

Zelo dei leviti (Esodo 32, 25-35)
Mosè vide che il popolo non aveva più freno, perché Aronne gli aveva tolto ogni freno, così da farne il ludibrio dei loro avversari. Mosè si pose alla porta dell'accampamento e disse: "Chi sta con il Signore, venga da me!". Gli si raccolsero intorno tutti i figli di Levi. Gridò loro: "Dice il Signore, il Dio d'Israele: Ciascuno di voi tenga la spada al fianco. Passate e ripassate nell'accampamento da una porta all'altra: uccida ognuno il proprio fratello, ognuno il proprio amico, ognuno il proprio parente". I figli di Levi agirono secondo il comando di Mosè e in quel giorno perirono circa tremila uomini del popolo. Allora Mosè disse: "Ricevete oggi l'investitura dal Signore; ciascuno di voi è stato contro suo figlio e contro suo fratello, perché oggi Egli vi accordasse una benedizione". Il giorno dopo Mosè disse al popolo: "Voi avete commesso un grande peccato; ora salirò verso il Signore: forse otterrò il perdono della vostra colpa". Mosè ritornò dal Signore e disse: "Questo popolo ha commesso un grande peccato: si sono fatti un dio d'oro. Ma ora, se tu perdonassi il loro peccato... E se no, cancellami dal tuo libro che hai scritto!". Il Signore disse a Mosè: " Io cancellerò dal mio libro colui che ha peccato contro di me. Ora va', conduci il popolo là dove io ti ho detto. Ecco il mio angelo ti precederà; ma nel giorno della mia visita li punirò per il loro peccato". Il Signore percosse il popolo, perché aveva fatto il vitello fabbricato da Aronne."

 

L'alleanza rinnovata. Le tavole della legge (Esodo 34, 1-4)

Poi il Signore disse a Mosè: "Taglia due tavole di pietra come le prime. Io scriverò su queste tavole le parole che erano sulle tavole di prima, che hai spezzate. Tieniti pronto per domani mattina: domani mattina salirai sul monte Sinai e rimarrai lassù per me in cima al monte. Nessuno salga con te, nessuno si trovi sulla cima del monte e lungo tutto il monte, neppure armenti o greggi vengano a pascolare davanti a questo monte". Mosè tagliò due tavole di pietra come le prime; si alzò di buon mattino e salì sul monte Sinai, come il Signore gli aveva comandato, con le due tavole di pietra in mano.

 

Numeri 16, 1-35

Ora Core figlio di lzear, figlio di Keat, figlio di Levi, e Datan e Abiram, figli di Eliab, figlio di Pallu, figlio di Ruben, presero altra gente e insorsero contro Mosè, con duecentocinquanta uomini tra gli Israeliti, capi della comunità, membri del consiglio, uomini stimati; radunatisi contro Mosè e contro Aronne, dissero loro: "Basta! Tutta la comunità, tutti sono santi e il Signore è in mezzo a loro; perché dunque vi innalzate sopra l'assemblea del Signore?". Quando Mosè ebbe udito questo, si prostrò con la faccia a terra; poi disse a Core e a tutta la gente che era con lui: "Domani mattina il Signore farà conoscere chi è suo e chi è santo e se lo farà avvicinare: farà avvicinare a sé colui che egli avrà scelto. Fate questo: prendete gli incensieri tu e tutta la gente che è con te; domani vi metterete il fuoco e porrete profumo aromatico davanti al Signore; colui che il Signore avrà scelto sarà santo. Basta figli di Levi!". Mosè disse poi a Core: "Ora ascoltate, figli di Levi! E' forse poco per voi che il Dio d'Israele vi abbia segregati dalla comunità d'Israele e vi abbia fatti avvicinare a sé per prestare servizio nella Dimora del Signore e per tenervi davanti alla comunità, esercitando per essa il vostro ministero? Egli vi ha fatti avvicinare a sé, te e tutti i tuoi fratelli figli di Levi con te e ora pretendete anche il sacerdozio? Per questo tu e tutta la gente che è con te siete convenuti contro il Signore! E chi è Aronne perché vi mettiate a mormorare contro di lui?". Poi Mosè mandò a chiamare Datan e Abiram, figli di Eliab; ma essi dissero: "Noi non verremo. E' forse poco per te l'averci fatti partire da un paese dove scorre latte e miele per farci morire nel deserto, perché tu voglia fare il nostro capo e dominare su di noi? Non ci hai davvero condotti in un paese dove scorre latte e miele, né ci hai dato il possesso di campi e di vigne! Credi tu di poter privare degli occhi questa gente? Noi non verremo". Allora Mosè si adirò molto e disse al Signore: "Non gradire la loro oblazione; io non ho preso da costoro neppure un asino e non ho fatto torto ad alcuno di loro". Mosè disse a Core: "Tu e tutta la tua gente trovatevi domani davanti al Signore: tu e loro con Aronne; ciascuno di voi prenda l'incensiere, vi metta il profumo aromatico e porti ciascuno il suo incensiere davanti al Signore: duecentocinquanta incensieri. Anche tu e Aronne; ciascuno prenda un incensiere". Essi dunque presero ciascuno un incensiere, vi misero il fuoco, vi posero profumo aromatico e si fermarono all'ingresso della tenda del convegno; lo stesso fecero Mosè e Aronne. Core convocò tutta la comunità presso Mosè e Aronne all'ingresso della tenda del convegno; la gloria del Signore apparve a tutta la comunità. Il Signore disse a Mosè e ad Aronne: "Allontanatevi da questa comunità e io li consumerò in un istante". Ma essi, prostratisi con la faccia a terra, dissero: "Dio, Dio degli spiriti di ogni essere vivente! Un uomo solo ha peccato e ti vorresti adirare contro tutta la comunità?". Il Signore disse a Mosè: "Parla alla comunità e ordinale: Ritiratevi dalle vicinanze della dimora di Core, Datan e Abiram". Mosè si alzò e andò da Datan e da Abiram; gli anziani di Israele lo seguirono. Egli disse alla comunità: "Allontanatevi dalle tende di questi uomini empi e non toccate nulla di ciò che è loro, perché non periate a causa di tutti i loro peccati". Così quelli si ritirarono dal luogo dove stavano Core, Datan e Abiram. Datan e Abiram uscirono e si fermarono all'ingresso delle loro tende con le mogli, i figli e i bambini. Mosè disse: " Da questo saprete che il Signore mi ha mandato per fare tutte queste opere e che io non ho agito di mia iniziativa. Se questa gente muore come muoiono tutti gli uomini, se la loro sorte è la sorte comune a tutti gli uomini, il Signore non mi ha mandato; ma se il Signore fa una cosa meravigliosa, se la terra spalanca la bocca e li ingoia con quanto appartiene loro e se essi scendono vivi agli inferi, allora saprete che questi uomini hanno disprezzato il Signore". Come egli ebbe finito di pronunciare tutte queste parole, il suolo si profondò sotto i loro piedi, la terra spalancò la bocca e li inghiottì: essi e le loro famiglie, con tutta la gente che apparteneva a Core e tutta la loro roba. Scesero vivi agli inferi essi e quanto loro apparteneva; la terra li ricoprì ed essi scomparvero dall'assemblea. Tutto Israele che era attorno ad essi fuggì alle loro grida; perché dicevano: " La terra non inghiottisca anche noi!". Un fuoco uscì dalla presenza del Signore e divorò i duecentocinquanta uomini, che offrivano l'incenso.

 

Deuteronomio 33

Ed ecco la benedizione con la quale Mosè, uomo di Dio, benedisse gli Israeliti prima di morire. Egli disse:/"Il Signore è venuto dal Sinai, /è spuntato per loro dal Seir; /è apparso dal monte Paran, /è arrivato a Mèriba di Kades, /dal suo meridione fino alle pendici. /Certo egli ama i popoli; /tutti i suoi santi sono nelle tue mani, /mentre essi, accampati ai tuoi piedi, /ricevono le tue parole. / Una legge ci ha ordinato Mosè:/un'eredità è l'assemblea di Giacobbe. /Vi fu un re in Iesurun, /quando si radunarono i capi del popolo,/tutte insieme le tribù d'Israele. /Viva Ruben e non muoia, /benché siano pochi i suoi uomini.

Questo disse per Giuda:
Ascolta, Signore, la voce di Giuda/e riconducilo verso il suo popolo;/la sua mano difenderà la sua causa/e tu sarai l'aiuto contro i suoi avversari./

Per Levi disse:
Da' a Levi i tuoi Tummim/ e i tuoi Urim all'uomo a te fedele,/che hai messo alla prova a Massa, /per cui hai litigato presso le acque di Mèriba;/a lui che dice del padre e della madre:/ Io non li ho visti;/ che non riconosce i suoi fratelli/ e ignora i suoi figli./ Essi osservarono la tua parola/ e custodiscono la tua alleanza;/ insegnano i tuoi decreti a Giacobbe/ e la tua legge a Israele;/ pongono l'incenso sotto le tue narici/ e un sacrificio sul tuo altare./ Benedici, Signore, il suo valore/e gradisci il lavoro delle sue mani;/ colpisci al fianco i suoi aggressori/e i suoi nemici più non si rialzino./

Per Beniamino disse:
Prediletto del Signore, Beniamino,/abita tranquillo presso di Lui;/Egli lo protegge sempre/e tra le sue braccia dimora./

Per Giuseppe disse:
Benedetta dal Signore la sua terra!/ Dalla rugiada abbia il meglio dei cieli,/ e dall'abisso disteso al di sotto;/ il meglio dei prodotti del sole/ e il meglio di ciò che germoglia ogni luna;/ la primizia dei monti antichi,/il meglio dei colli eterni/ e il meglio della terra e di ciò che contiene./ Il favore di Colui che abitava nel roveto/ venga sul capo di Giuseppe,/ sulla testa del principe tra i suoi fratelli!/ Come primogenito di toro, egli è d'aspetto maestoso/ e le sue corna sono di bufalo;/ con esse cozzerà contro i popoli,/ tutti insieme, sino ai confini della terra./ Tali sono le miriadi di Èfraim/ e tali le migliaia di Manàsse./

Per Zàbulon disse:
Gioisci, Zàbulon, ogni volta che parti,/ e tu, Issacar, nelle tue tende!/ Chiamano i popoli sulla montagna,/ dove offrono sacrifici legittimi,/ perché succhiano le ricchezze dei mari/ e i tesori nascosti nella sabbia.

Per Gad disse:
Benedetto chi stabilisce Gad al largo!/ Come una leonessa ha la sede;/ sbranò un braccio e anche un cranio,/ poi si scelse le primizie,/ perché là era la parte riservata a un capo./ Venne alla testa del popolo,/ eseguì la giustizia del Signore/ e i suoi decreti riguardo a Israele.

Per Dan disse:
"Dan è un giovane leone/ che balza da Basan".

Per Nèftali disse:
Nèftali è sazio di favori/ e colmo delle benedizioni del Signore:/ il mare e il meridione sono sua proprietà

Per Aser disse:
Benedetto tra i figli è Aser!/ Sia il favorito tra i suoi fratelli/ e tuffi il suo piede nell'olio./ Di ferro e di rame siano i tuoi catenacci/ e quanto i tuoi giorni duri il tuo vigore./ Nessuno è pari al Dio di Iesurun,/ che cavalca sui cieli per venirti in aiuto/ e sulle nubi nella sua maestà./ Rifugio è il Dio dei tempi antichi/ e quaggiù lo sono le sue braccia eterne./ Ha scacciato davanti a te il nemico/ e ha intimato: Distruggi!/ Israele abita tranquillo,/ la fonte di Giacobbe in luogo appartato,/ in terra di frumento e di mosto,/ dove il cielo stilla rugiada./ Te beato, Israele! Chi è come te,/ popolo salvato dal Signore?/ Egli è lo scudo della tua difesa/ e la spada del tuo trionfo./ I tuoi nemici vorranno adularti,/ ma tu calcherai il loro dorso.

 

Deuteronomio 34

Poi Mosè salì dalle steppe di Moab sul monte Nebo, cima dei Pisga, che è di fronte a Gèrico. Il Signore gli mostrò tutto il paese: Gàlaad fino a Dan, tutto Nèftali, il paese di Èfraim e di Manàsse, tutto il paese di Giuda fino al Mar Mediterraneo e il Negheb, il distretto della valle di Gèrico, città delle palme, fino a Zoar. Il Signore gli disse: "Questo è il paese per il quale io ho giurato ad Abramo, a Isacco e a Giacobbe: Io lo darò alla tua discendenza. Te l'ho fatto vedere con i tuoi occhi, ma tu non vi entrerai!". Mosè, servo del Signore, morì in quel luogo, nel paese di Moab, secondo l'ordine del Signore. Fu sepolto nella valle, nel paese di Moab di fronte a Bet-Peor; nessuno fino ad oggi ha saputo dove sia la sua tomba. Mosè aveva centoventi anni quando morì; gli occhi non gli si erano spenti e il vigore non gli era venuto meno. Gli Israeliti lo piansero nelle steppe di Moab per trenta giorni; dopo, furono compiuti i giorni di pianto per il lutto di Mosè. Giosuè, figlio di Nun, era pieno dello spirito di saggezza, perché Mosè aveva imposto le mani su di lui; gli Israeliti gli obbedirono e fecero quello che il Signore aveva comandato a Mosè. Non è più sorto in Israele un profeta come Mosè - lui con il quale il Signore parlava faccia a faccia - per tutti i segni e prodigi che il Signore lo aveva mandato a compiere nel paese di Egitto, contro il faraone, contro i suoi ministri e contro tutto il suo paese, e per la mano potente e il terrore grande con cui Mosè aveva operato davanti agli occhi di tutto Israele.

 

Giuditta 13, 1-10

Quando si fece buio, i suoi servi si affrettarono a ritirarsi. Bagoa chiuse dal di fuori la tenda e allontanò le guardie dalla vista del suo signore e ognuno andò al proprio giaciglio; in realtà erano tutti fiaccati, perché il bere era stato eccessivo. Rimase solo Giuditta nella tenda e Oloferne buttato sul divano, ubriaco fradicio. Allora Giuditta ordinò all'ancella di stare fuori della sua tenda e di aspettare che uscisse come aveva fatto ogni giorno; aveva detto infatti che sarebbe uscita per la sua preghiera e anche con Bagoa aveva parlato in questo senso. Si erano allontanati tutti dalla loro presenza e nessuno, piccolo o grande, era rimasto nella parte più interna della tenda; Giuditta, fermatasi presso il divano di lui, disse in cuor suo: Signore, Dio d'ogni potenza, guarda propizio in quest'ora all'opera delle mie mani per l'esaltazione di Gerusalemme. E' venuto il momento di pensare alla tua eredità e di far uscire il mio piano per la rovina dei nemici che sono insorti contro di noi". Avvicinatasi alla colonna del letto che era dalla parte del capo di Oloferne, ne staccò la scimitarra di lui; poi accostatasi al letto, afferrò la testa di lui per la chioma e disse: "Dammi forza, Signore Dio d'Israele, in questo momento. E con tutta la forza di cui era capace lo colpì due volte al collo e gli staccò la testa. Indi ne fece rotolare il corpo giù dal giaciglio e strappò via le cortine dai sostegni. Poco dopo uscì e consegnò la testa di Oloferne alla sua ancella, la quale la mise nella bisaccia dei viveri e uscirono tutt'e due, secondo il loro uso, per la preghiera; attraversarono il campo, fecero un giro nella valle, poi salirono sul monte verso Betulia e giunsero alle porte della città.

 

2 Maccabei 3, 1-28

Nel periodo in cui la città santa godeva completa pace e le leggi erano osservate perfettamente per la pietà del sommo sacerdote 0nia e la sua avversione al male, gli stessi re avevano preso ad onorare il luogo santo e glorificare il tempio con doni insigni, al punto che Selèuco, re dell'Asia, provvedeva con le proprie entrate a tutte le spese riguardanti il servizio dei sacrifici. Ma un certo Simone della tribù di Bilga, nominato sovrintendente del tempio, venne a trovarsi in contrasto con il sommo sacerdote intorno all'amministrazione della città. Non potendo aver ragione con Onia, si recò da Apollonio di Tarso, che in quel periodo era stratega della Celesiria e della Fenicia e gli riferì che il tesoro di Gerusalemme era colmo di ricchezze immense tanto che l'ammontare del capitale era incalcolabile e non serviva per le spese dei sacrifici; era quindi ben possibile ridurre tutto in potere del re. Apollonio si incontrò con il re e gli riferì intorno alle ricchezze a lui denunciate; quegli designò l'incaricato degli affari Eliodòro e lo inviò con l'ordine di effettuare il prelevamento delle suddette ricchezze. Eliodòro si mise subito in viaggio, in apparenza per visitare le città della Celesiria e della Fenicia, in realtà per compiere l'incarico del re. Giunto a Gerusalemme e accolto con deferenza dal sommo sacerdote della città, espose le segnalazioni ricevute e disse chiaro il motivo per cui era venuto; domandava poi se le cose stavano realmente così. Il sommo sacerdote gli spiegò che quelli erano i depositi delle vedove e degli orfani; che una parte era anche di Ircano, figlio di Tobia, persona di condizione assai elevata; che l'empio Simone andava denunciando la cosa a suo modo, ma complessivamente si trattava di quattrocento talenti d'argento e duecento d'oro; che era assolutamente impossibile permettere che fossero ingannati coloro che si erano fidati della santità del luogo e del carattere sacro e inviolabile di un tempio venerato in tutto il mondo. Ma Eliodòro, a causa degli ordini ricevuti dal re, rispose recisamente che quelle ricchezze dovevano essere trasferite nell'erario del re. Venne in un giorno da lui stabilito per ordinare l'inventario delle medesime, mentre tutta la città era in grande agitazione. I sacerdoti, rivestiti degli abiti sacerdotali, si erano prostrati davanti all'altare ed elevavano suppliche al Cielo che aveva sancito la legge dei depositi, perché fossero conservati integri a coloro che li avevano consegnati. Chi guardava l'aspetto del sommo sacerdote riportava uno strazio al cuore, poiché il volto e il cambiamento di colore ne mostravano l'intimo tormento. Tutta la sua persona era immersa in un timore e in un tremito del corpo da cui appariva manifesta, a chi osservava, l'angoscia che aveva in cuore. Anche dalle case uscivano per accorrere in folla a una pubblica supplica, perché il luogo santo stava per essere violato. Le donne, cingendo sotto il petto il cilicio, riempivano le strade; anche le fanciulle, di solito ritirate, in parte accorrevano alle porte, in parte sulle mura, altre si sporgevano dalle finestre; tutte, con le mani protese verso il Cielo, moltiplicavano le suppliche. Muoveva a compassione il pianto confuso della moltitudine e l'ansia tormentosa del sommo sacerdote. Essi supplicavano l'onnipotente Signore che volesse conservare intatti in piena sicurezza i depositi per coloro che li avevano consegnati. Eliodòro metteva ugualmente in esecuzione il suo programma. Ma appena fu arrivato sul posto con gli armati, presso il tesoro, il Signore degli spiriti e di ogni potere compi un'apparizione straordinaria, così che tutti i temerari che avevano osato entrare, colpiti dalla potenza di Dio, si trovarono fiaccati e atterriti. Infatti apparve loro un cavallo, montato da un cavaliere terribile e rivestito di splendida bardatura, il quale si spinse con impeto contro Eliodòro e lo percosse con gli zoccoli anteriori, mentre il cavaliere appariva rivestito di armatura d'oro. A lui apparvero inoltre altri due giovani dotati di gran forza, splendidi di bellezza e con vesti meravigliose, i quali, postisi ai due lati, lo flagellavano senza posa, infliggendogli numerose percosse. In un attimo fu atterrato e si trovò immerso in una fitta oscurità. Allora i suoi lo afferrarono e lo misero in una barella. Egli che era entrato poco prima nella suddetta camera del tesoro con numeroso seguito e con tutta la guardia, fu portato via impotente ad aiutarsi, dopo aver sperimentato nel modo più evidente la potenza di Dio.

 

Ezechiele 1,2

Il cinque del quarto mese dell'anno trentesimo, mentre mi trovavo fra i deportati sulle rive del canale Chebàr, i cieli si aprirono ed ebbi visioni divine. Il cinque del mese - era l'anno quinto della deportazione del re Ioiachìn - la parola del Signore fu rivolta al sacerdote Ezechiele figlio di Buzì, nel paese dei Caldei, lungo il canale Chebàr. Qui fu sopra di lui la mano dei Signore. Io guardavo ed ecco un uragano avanzare dal settentrione, una grande nube e un turbinio di fuoco, che splendeva tutto intorno, e in mezzo si scorgeva come un balenare di elettro incandescente. AI centro apparve la figura di quattro esseri animati, dei quali questo era l'aspetto: avevano sembianza umana e avevano ciascuno quattro facce e quattro ali. Le loro gambe erano diritte e gli zoccoli dei loro piedi erano come gli zoccoli dei piedi d'un vitello, splendenti come lucido bronzo. Sotto le ali, ai quattro lati, avevano mani d'uomo; tutti e quattro avevano le medesime sembianze e le proprie ali, e queste ali erano unite l'una all'altra. Mentre avanzavano, non si volgevano indietro, ma ciascuno andava diritto avanti a sé.
Quanto alle loro fattezze, ognuno dei quattro aveva fattezze d'uomo; poi fattezze di leone a destra, fattezze di toro a sinistra e, ognuno dei quattro, fattezze d'aquila. Le loro ali erano spiegate verso l'alto; ciascuno aveva due ali che si toccavano e due che coprivano il corpo. Ciascuno si muoveva davanti a sé; andavano là dove lo spirito li dirigeva e, muovendosi, non si voltavano indietro. Tra quegli esseri si vedevano come carboni ardenti simili a torce che si muovevano in mezzo a loro. Il fuoco risplendeva e dal fuoco si sprigionavano bagliori. Gli esseri andavano e venivano come un baleno. lo guardavo quegli esseri ed ecco sul terreno una ruota al loro fianco, di tutti e quattro.
Le ruote avevano l'aspetto e la struttura come di topazio e tutt'e quattro la medesima forma, il loro aspetto e la loro struttura era come di ruota in mezzo a un'altra ruota. Potevano muoversi in quattro direzioni, senza aver bisogno di voltare nel muoversi. La loro circonferenza era assai grande e i cerchi di tutt'e quattro erano pieni di occhi tutt'intorno. Quando quegli esseri viventi si muovevano, anche le ruote si muovevano accanto a loro e, quando gli esseri si alzavano da terra, anche le ruote si alzavano. Dovunque lo spirito le avesse spinte, le ruote andavano e ugualmente si alzavano, perché lo spirito dell'essere vivente era nelle ruote. Quando essi si muovevano, esse si muovevano; quando essi si fermavano, esse si fermavano e, quando essi si alzavano da terra, anche le ruote ugualmente si alzavano, perché lo spirito dell'essere vivente era nelle ruote. AI di sopra delle teste degli esseri viventi vi era una specie di firmamento, simile ad un cristallo splendente, disteso sopra le loro teste, e sotto il firmamento vi erano le loro ali distese, l'una di contro all'altra; ciascuno ne aveva due che gli coprivano il corpo. Quando essi si muovevano, io udivo il rombo delle ali, simile al rumore di grandi acque, come il tuono dell'Onnipotente, come il fragore della tempesta, come il tumulto d'un accampamento. Quando poi si fermavano, ripiegavano le ali. Ci fu un rumore al di sopra del firmamento che era sulle loro teste. Sopra il firmamento che era sulle loro teste apparve come una pietra di zaffiro in forma di trono e su questa specie di trono, in alto, una figura dalle sembianze umane. Da ciò che sembrava essere dai fianchi in su, mi apparve splendido come l'elettro e da ciò che sembrava dai fianchi in giù, mi apparve come di fuoco. Era circondato da uno splendore il cui aspetto era simile a quello dell'arcobaleno nelle nubi in un giorno di pioggia. Tale mi apparve l'aspetto della gloria dei Signore. Quando la vidi, caddi con la faccia a terra e udii la voce di uno che parlava. Mi disse: "Figlio dell'uomo, alzati, ti voglio parlare". Ciò detto, uno spirito entrò in me, mi fece alzare in piedi e io ascoltai colui che mi parlava.
Mi disse: "Figlio dell'uomo, io ti mando agli Israeliti, a un popolo di ribelli, che si sono rivoltati contro di me. Essi e i loro padri hanno peccato contro di me fino ad oggi. Quelli ai quali ti mando sono figli testardi e dal cuore indurito. Tu dirai loro: Dice il Signore Dio. Ascoltino o non ascoltino - perché sono una genìa di ribelli - sapranno almeno che un profeta si trova in mezzo a loro. Ma tu, figlio dell'uomo non li temere, non aver paura delle loro parole; saranno per te come cardi e spine e ti troverai in mezzo a scorpioni; ma tu non temere le loro parole, non t'impressionino le loro facce, sono una genìa di ribelli. Tu riferirai loro le mie parole, ascoltino o no, perché sono una genìa di ribelli. E tu, figlio dell'uomo, ascolta ciò che ti dico e non esser ribelle come questa genìa di ribelli; apri la bocca e mangia ciò che io ti do". Io guardai ed ecco, una mano tesa verso di me teneva un rotolo. Lo spiegò davanti a me; era scritto all'interno e all'esterno e vi erano scritti lamenti, pianti e guai.

 

Ezechiele 33, 10-20

Tu, figlio dell'uomo, annunzia agli Israeliti: Voi dite: I nostri delitti e i nostri peccati sono sopra di noi e in essi noi ci consumiamo! In che modo potremo vivere? Di' loro: Com'è vero ch'io vivo - oracolo del Signore Dio - io non godo della morte dell'empio, ma che l'empio desista dalla sua condotta e viva. Convertitevi dalla vostra condotta perversa! Perché volete perire, o Israeliti? Figlio dell'uomo, di' ancora ai figli del tuo popolo: La giustizia del giusto non lo salva se pecca, e l'empio non cade per la sua iniquità se desiste dall'iniquità, come il giusto non potrà vivere per la sua giustizia se pecca. Se io dico al giusto: Vivrai, ed egli, confidando sulla sua giustizia commette l'iniquità, nessuna delle sue azioni buone sarà più ricordata e morirà nella malvagità che egli ha commesso. Se dico all'empio: Morirai, ed egli desiste dalla sua iniquità e compie ciò che è retto e giusto, rende il pegno, restituisce ciò che ha rubato, osserva le leggi della vita, senza commettere il male, egli vivrà e non morirà; nessuno dei peccati che ha commesso sarà più ricordato: egli ha praticato ciò che è retto e giusto e certamente vivrà. Eppure, i figli del tuo popolo vanno dicendo: Il modo di agire del Signore non è retto. È invece il loro modo di agire che non è retto! Se il giusto desiste dalla giustizia e fa il male, per questo certo morirà. Se l'empio desiste dall'empietà e compie ciò che è retto e giusto, per questo vivrà. Voi andate dicendo: Non è retto il modo di agire del Signore. Giudicherò ciascuno di voi secondo il suo modo di agire, Israeliti".

 

Giona 1,2

Fu rivolta a Giona figlio di Amittai questa parola del Signore: "Alzati, và a Ninive la grande città e in essa proclama che la loro malizia è giunta fino a me." Giona però si mise in cammino per fuggire a Tarsis, lontano dal Signore. Scese a Giaffa, dove trovò una nave diretta a Tarsis. Pagato il prezzo del trasporto, s'imbarcò con loro per Tarsis, lontano dal Signore. Ma il Signore scatenò sul mare un forte vento e ne venne una tempesta tale che la nave stava per sfasciarsi. I marinai impauriti invocavano ciascuno il proprio dio e gettarono a mare quanto avevano sulla nave per alleggerirla. Intanto Giona, sceso nel luogo più riposto della nave, si era coricato e dormiva profondamente. Gli si avvicinò il capo dell'equipaggio e gli disse: "Che cos'hai così addormentato? Alzati, invoca il tuo Dio! Forse Dio si darà pensiero di noi e non periremo". Quindi dissero fra di loro: "Venite, gettiamo le sorti per sapere per colpa di chi ci è capitata questa sciagura". Tirarono a sorte e la sorte cadde su Giona. Gli domandarono: "Spiegaci dunque per causa di chi abbiamo questa sciagura. Qual è il tuo mestiere? Da dove vieni? Qual è il tuo paese? A quale popolo appartieni?". Egli rispose: "Sono Ebreo e venero il Signore Dio del cielo, il quale ha fatto il mare e la terra". Quegli uomini furono presi da grande timore e gli domandarono: "Che cosa hai fatto?". Quegli uomini infatti erano venuti a sapere che egli fuggiva il Signore, perché lo aveva loro raccontato. Essi gli dissero: "Che cosa dobbiamo fare di te perché si calmi il mare, che è contro di noi ?". Infatti il mare infuriava sempre più. Egli disse loro: "Prendetemi e gettatemi in mare e si calmerà il mare che ora è contro di voi, perché io so che questa grande tempesta vi ha colpito per causa mia". Quegli uomini cercavano a forza di remi di raggiungere la spiaggia, ma non ci riuscivano perché il mare andava sempre più crescendo contro di loro. Allora implorarono il Signore e dissero :"Signore, fa' che noi non periamo a causa della vita di questo uomo e non imputarci il sangue innocente poiché tu, Signore, agisci secondo il tuo volere". Presero Giona e lo gettarono in mare e il mare placò la sua furia. Quegli uomini ebbero un grande timore del Signore, offrirono sacrifici al Signore e fecero voti. Ma il Signore dispose che un grosso pesce inghiottisse Giona; Giona restò nel ventre del pesce tre giorni e tre notti. Dal ventre del pesce Giona pregò il Signore suo Dio e disse:/ "Nella mia angoscia ho invocato il Signore/ ed egli mi ha esaudito;/ dal profondo degli inferi ho gridato/ e tu hai ascoltato la mia voce./ Mi hai gettato nell'abisso, nel cuore del mare/ e le correnti mi hanno circondato;/ tutti i tuoi flutti e le tue onde/ sono passati sopra di me./ Io dicevo: Sono scacciato/ lontano dai tuoi occhi;/ eppure tornerò a guardare il tuo santo tempio?/ Le acque mi hanno sommerso fino alla gola,/ l'abisso mi ha avvolto,/ l'alga si è avvinta al mio capo./ Sono sceso alle radici dei monti,/ la terra ha chiuso le sue spranghe/dietro a me per sempre./ Ma tu hai fatto risalire dalla fossa la mia vita,/ Signore mio Dio./ Quando in me sentivo venir meno la vita,/ ho ricordato il Signore./ La mia preghiera è giunta fino a te,/ fino alla tua santa dimora./ Quelli che onorano vane nullità/ abbandonano il loro amore./ Ma io con voce di lode offrirò a te un sacrificio/ e adempirò il voto che ho fatto;/ la salvezza viene dal Signore"./ E il Signore comandò al pesce ed esso rigettò Giona sull'asciutto.

 

Zaccaria 9, 9-10

Esulta grandemente figlia di Sion,/ giubila, figlia di Gerusalemme!/ Ecco, a te viene il tuo re./ Egli è giusto e vittorioso,/ umile, cavalca un asino,/ un puledro figlio d'asina./ Farà sparire i carri da Èfraim/ e i cavalli da Gerusalemme,/ l'arco di guerra sarà spezzato,/ annunzierà la pace alle genti,/ il suo dominio sarà da mare a mare/ e dal fiume ai confini della terra.