Le Spalle al Settecento
Le Spalle al Settecento

Le Spalle al Settecento

Forma, modelli e organizzazione dei musei nella Roma napoleonica (1809-1814)

Giovedì 2 maggio 2013, ore 17.00
Sala Conferenze, Musei Vaticani

Lungi dal potersi considerare una parentesi poco degna di nota, la dominazione napoleonica contribuisce a proiettare i musei romani verso la modernitá del XIX secolo, con queste parole la studiosa Ilaria Sgarbozza sintetizza il pensiero che è alla base del suo lavoro, "Le Spalle al Settecento. Forma, modelli e organizzazione dei musei nella Roma napoleonica (1809-1814)", in uscita per le Edizioni Musei Vaticani.
La presentazione del nuovo volume sarà oggetto dell'appuntamento in programma per il 2 maggio, alle ore 17.00, presso la Sala Conferenze dei Musei Vaticani, nell'ambito degli incontri culturali de Il Giovedì dei Musei.

Segue un estratto della Presentazione del libro a firma del prof. Antonio Paolucci, Direttore dei Musei Vaticani:

Il libro di Ilaria Sgarbozza è affascinante e come Direttore dei Musei ne ho voluto la pubblicazione perché mi permette di riflettere sui caratteri esemplari, di una evidenza assolutamente didattica, dei Musei Vaticani.
I Musei del Papa sono prima di tutto, e soprattutto, musei di arte antica. Fra le collezioni di arte antica un ruolo di gran lunga egemone per qualità, varietà, rarità e celebrità dei reperti, è rappresentato dalla statuaria classica.

Fra le collezioni di arte antica un ruolo di gran lunga egemone per qualità, varietà, rarità e celebrità dei reperti, è rappresentato dalla statuaria classica. I soli marmi e bronzi esposti ammontano al numero davvero stupefacente di 4.416. Non esiste altrove, in Italia e nel mondo, una paragonabile concentrazione di opere di ambito cronologico e stilistico greco-romano.

I Musei Vaticani nascono dunque come musei di arte antica e non è un caso se l'inizio della loro storia lo si fa coincidere con il 1506 quando, dagli scavi del Colle Oppio, arrivò in Belvedere il Laocoonte. Per secoli, prima che la Sistina di Michelangelo diventasse per i milioni di visitatori il principale e pressoché esclusivo oggetto di interesse, si veniva nei Musei del Papa per ammirare e studiare i capolavori della statuaria classica. Erano quelli (il Laocoonte, l'Apollo di Belvedere, l'Arianna, la Venus felix), insieme al Raffaello delle Stanze e delle Logge, i supremi modelli della civiltà artistica universale. [...]
Chi si interessa di museografia e di museologia (dei modi cioè di ordinare il museo e della filosofia che c'è dietro l'ordinamento) trova nelle raccolte vaticane modelli di perfetta esemplarità. Proviamo a mettere a confronto, divisi da due secoli di storia, il Pio-Clementino e il Gregoriano Profano nell'allestimento datato agli anni Sessanta/Settanta dello scorso secolo. Nel primo caso l'opera d'arte è solidale al luogo che la ospita, partecipa (riflessa e commentata dai caratteri stilistici e dai colori dello spazio all'interno del quale è collocata) del gusto e della cultura dell'epoca e della società che l'hanno scelta, è chiamata a inserirsi in modo mimetico nella grazia e nell'eleganza del contenitore. La filosofia dominante era che l'Antico ha bisogno di un contesto decorativo che lo assecondi, di una scenografia che lo interpreti, lo celebri, lo esalti. Così si pensava negli anni che stanno fra Winckelmann e Canova.

Nel secondo caso (perfettamente esemplificato nella dislocazione e nell'arredo dal Gregoriano Profano) l'opera d'arte in quanto tale è diventata esclusiva protagonista. Il manufatto viene isolato nella sua nuda specificità. Ciò che interessa è il contenuto, non il contenitore. L'architettura svolge una funzione di servizio e deve marcare con quanta possibile efficacia la discontinuità rispetto allo stile dell'opera o delle opere che ospita. Inutile dire che le mie simpatie vanno al Pio-Clementino, non certo al Gregoriano Profano; preferenze senza dubbio "reazionarie", ma come non essere "reazionari" se si fa di mestiere lo storico dell'arte...!
I modi di ordinare il museo variano con il mutare della cultura e del gusto ed è perciò legittimo coltivare memorie e nostalgie, ma che ci sia un libro – questo di Ilaria Sgarbozza – che ha saputo illustrare la stagione dei Musei Vaticani nella quale forma, modelli e organizzazione hanno toccato il loro momento apicale, è per me motivo di particolare soddisfazione.