Screening
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Dentro al Museo. Ispirazione e osservazione fotografica nei Musei

Giovedì 18 aprile 2013, ore 16.00
Sala Conferenze, Musei Vaticani

Torna SCREENING, l'appuntamento artistico culturale curato da Micol Forti per Il Giovedì dei Musei in programma il 18 aprile alle ore 16.00 presso la Sala Conferenze dei Musei del Papa. Dedicata al ruolo della fotografia artistica nel dialogo con gli spazi museali, la conferenza, dal titolo Dentro al Museo. Ispirazione e osservazione fotografica nei Musei, vedrà la partecipazione di due grandi fotografi, Mimmo Jodice e Alain Fleischer, che presenteranno una selezione di loro lavori, fotografici e video, realizzati per importanti collezioni museali come il Louvre, il Museo Archeologico di Napoli, il Centre Pompidou.
A coordinare gli interventi dei due relatori - ripercorrendo anche storicamente le mostre che hanno caratterizzato l'evoluzione della fotografia - sarà Alessandra Mauro, direttrice editoriale di Contrasto e docente in Teoria e storia della fotografia presso l'Università Suor Orsola Benincasa di Napoli.

Segue un estratto dell'intervento di Alessandra Mauro:

Fin dalla sua nascita (1839) la fotografia ha avuto bisogno di essere osservata, apprezzata, compresa. E se non immediatamente nelle sale di un museo, almeno organizzata in esposizioni coerenti che potessero aiutare a far capire le ragioni di un linguaggio visivo dirompente e innovativo come appunto è stato – e in parte è tuttora - la fotografia.

Se come diceva Edouard Manet, Allestire una mostra significa cercare amici e alleati per la battaglia, quella della fotografia è stata una battaglia condotta nel tempo con fasi e successi alterni, ma sempre nel tentativo di affermare il proprio particolare statuto di linguaggio visivo in grado di coniugare il documento della realtà, flagrante e diretto, con la trasfigurazione della realtà stessa.

Nell'intervento di giovedì 18 aprile Dentro al Museo. Ispirazione e osservazione fotografica nei Musei si ripercorreranno alcuni momenti delle mostre e delle esposizioni museali che hanno caratterizzato l'evoluzione della fotografia, segnando le sue trasformazioni più eclatanti, per poi soffermarsi su quale possa essere il ruolo e il valore di una ricognizione fotografica da condurre, oggi, all'interno dei musei.

Dalle prime mostre fotografiche, allestite e organizzate ancora prima della data ufficiale di nascita della fotografia, ai Salons degli anni Cinquanta dell'Ottocento dove la fotografia entra, prima come bizzarria della tecnica e poi, con grande scandalo di intellettuali e scrittori come Baudelaire, come linguaggio artistico. Dal primo museo a creare una collezione fotografica (il South Kensington Museum di Londra), alle esposizioni internazionali, come la grande Film und Foto di Stoccarda del 1929 in cui la fotografia si mostra in modo spregiudicato, lontano da ogni timore reverenziale verso la pittura, e scopre la sua identità in una duttile capacità di "mostrare" e di emozionare lo spettatore.

Si prenderà in considerazione il caso del Museum of Modern Art di New York, con le sue grandi mostre a tema (prima fra tutte, The Family of Man, 1955, curata da Edward Steichen) e le esposizioni più recenti che adottano anche per la fotografia il "white cube" dell'arte contemporanea (soprattutto da New Documents, 1967: mostra curata da John Szarkowsky con opere di Diane Arbus, Lee Friedlander e Garry Winogrand): una testimonianza viva, e in continua trasformazione, di come e di quanto il rapporto tra fotografia e spazio museale possa offrire sempre nuovi spunti di lavoro e di ricerca.

All'interno del museo, che stigmatizza e indica una strada da percorrere, la ricerca fotografica trova infatti un suo cammino di consapevolezza nel diventare il linguaggio in grado di testimoniare la modernità ma anche di interpretarla ed evocarla, prefigurando le ansie, i dolori, le paure, i fantasmi dell'uomo contemporaneo.
Fonte di ispirazione e di studio, il museo può diventare soggetto per una ricerca fotografica che indaghi il senso di uno spazio di conservazione e di memoria rinnovata. La macchina fotografica può soffermarsi sull'opera esposta o conservata, restituirla con nuova luce alla memoria personale e collettiva costruendo un silenzio (quello del frame fotografico) straniante ma necessario a conoscerla. Ma può anche restituire il senso del luogo raccontandolo nelle sue implicazioni con il tessuto urbano, con il flusso dei visitatori che lo riempie, lo anima, lo informa di sé, lo giustifica ma necessariamente lo logora. E può indicare possibili, future dinamiche da intravedere con la visione preveggente che a volte la fotografia possiede.

Proprio in forza del suo doppio statuto di documento e creazione, di testimonianza e punto di vista, la fotografia può dunque dimostrarsi uno dei linguaggi più utili per comprendere un museo e la sua vita.